Le basi filosofiche della meccanica newtoniana


Come è noto, la fondazione newtoniana della meccanica poggia su tre principi:

  1. Ogni corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto uniforme e rettilineo, se qualche forza ad esso applicata non lo costringe a mutarlo.
  2. Il mutamento del moto è proporzionale alla forza motrice impressa e segue la retta secondo cui tale forza è stata impressa.
  3. L'azione è sempre uguale e contraria alla reazione: cioè le mutue azioni di due corpi sono sempre uguali e dirette in senso contrario.

Meno note, ma altrettanto importanti sono le considerazioni di carattere 'metafisico' che Newton espone, esplicitamente o implicitamente, in diversi punti del suo trattato.

Queste considerazioni sono di particolare importanza perché costituiscono indispensabili premesse logiche alla meccanica e ne esplicitano il significato ontologico e perché un riesame critico di tali considerazioni ha condotto, agli inizi del Novecento, all'evoluzione della meccanica newtoniana verso la meccanica relativistica e verso la meccanica quantistica.

Newton assume esplicitamente che esistano



Come è immutabile l'ordine delle parti del tempo, così è anche immutabile l'ordine delle parti dello spazio.
Se esse si muovessero dal loro luogo sarebbe come se (per così dire) si allontanassero da se stesse.
I tempi e gli spazi sono luoghi di se stessi e di tutte le cose.
Tutto è nel tempo quanto all'ordine di successione; nello spazio quanto all'ordine di situazione.
Questo essere luoghi di tutto è appunto la loro essenza; ed è assurdo che dei luoghi primari si muovano.
Essi sono dunque dei luoghi assoluti; e solo le traslazioni da tali luoghi costituiscono dei moti assoluti.

Queste ipotesi metafisiche su spazio e tempo assumono addirittura implicazioni teologiche: spazio e tempo assoluti sono identificati con Dio.

Egli (Dio) dura sempre ed è presente ovunque, ed esistendo sempre ed ovunque, costituisce la durata e lo spazio, il tempo e l'infinità. Poiché ogni particella dello spazio è sempre ed ogni momento indivisibile della durata dura ovunque , non può darsi certamente che il Creatore e Signore di tutte le cose non sia mai, e in nessun luogo. Esso è onnipresente non solo quanto alla virtù, ma anche sostanzialmente: perché non può sussistere virtù senza sostanza. In esso sono contenute e si muovono tutte le cose, senza che tali cose lo affettino in alcun modo. Dio non risente affatto il moto dei corpi e questi non sono soggetti ad alcuna resistenza provocata dalla sua onnipresenza. Evidentemente il Dio supremo esiste in modo necessario, e per la stessa necessità esiste ovunque e sempre.

Newton è consapevole della natura 'metafisica' di queste assunzioni. In effetti noi non abbiamo nessuna percezione diretta di tali entità, ma le dobbiamo ammettere come razionalmente necessarie.

Poiché le parti di tale spazio assoluto non possono essere viste né distinte le une dalle altre per mezzo dei nostri sensi, dovremo servirci di misure sensibili. Così definiremo ogni luogo servendoci della sua posizione e della sua distanza rispetto ad un corpo qualsiasi, considerato come immobile; e quindi misureremo i moti dei corpi solo rispetto ai luoghi così determinati. Così, anziché di luoghi e di moti assoluti, ci serviamo di luoghi e di moti relativi ; e per le cose umane questo va bene. Ma in filosofia bisogna far astrazione dai sensi: può essere che non ci sia nessun corpo in quiete, tale cioè che i luoghi e i moti possano riferirsi ad esso.

Tuttavia nella costruzione di una conoscenza scientifica è inevitabile usare i concetti di spazio, tempo e moto in modo operativo, come concretamente risultano dalle misure eseguibili sui sistemi studiati.

Dunque le qualità relative non sono quelle stesse quantità da cui traggono il nome, ma sono quelle misure sensibili (vere od erronee) generalmente si adoprano per misurarle. Ora, siccome il significato delle parole deve corrispondere all'uso che se ne fa, per tempo, spazio, luogo e moto devono intendersi le misure sensibili di tali quantità, a meno che non si parli un linguaggio puramente matematico.

Queste assunzioni metafisico-teologiche appaiono però in contraddizione con le stesse regole metodologiche che Newton eredita dalla tradizione filosofica inglese, a cominciare dal 'rasoio di Occam'.

Non si debbono ammettere cause delle cose naturali oltre quelle che sono necessarie alla spiegazione dei fenomeni.

E inoltre:

Tutto ciò che non si deduce dai fenomeni è un'ipotesi; e le ipotesi, metafisiche,fisiche, meccaniche o riguardanti qualità occulte, non hanno luogo nella Filosofia Sperimentale. In tale Filosofia le Proposizioni sono dedotte dai Fenomeni e sono rese generali per mezzo dell'induzione.